Arrivo sul set mentre stanno girando una scena del corto “Una bellissima bugia” di Lorenzo Santoni. Osservo in silenzio. Seduti accanto in un museo a tessere un dialogo di cui posso ascoltare solo qualche frase – ma che mi resta piantata dentro – gli attori Sassanelli e Marcone che hanno trovato un’intesa perfetta. All’inizio non riconosco Beniamino. È talmente calato nella parte del protagonista affetto dalla distrofia di Duchenne che non mi sembra Fazio. Non è per via della carrozzella. È il viso diverso. Il modo di parlare, di muovere gli occhi senza quasi spostare la testa. È romano, figlio del teatro e ha lavorato con grandi maestri. Ma nel mio immaginario è Fazio, il braccio destro del giovane Montalbano, e parla in siciliano. Infatti quando poi, fuori dalle riprese, si lascia andare al suo naturale romanesco, mi sembra strano.
In televisione in queste settimane è tornata in prima serata su Rai Uno la serie tv “Il commissario Montalbano” – ambientata in Sicilia, nella immaginaria Vigata – con alcuni nuovi episodi tratti dagli ultimi romanzi di Andrea Camilleri e poi con le repliche che agli appassionati comunque fanno sempre piacere. Contemporaneamente in edicola ogni settimana sta uscendo un dvd con i film della prima e della seconda serie del “Giovane Montalbano”, dove appunto Beniamino Marcone interpreta Fazio. Le mie domande non possono che partire da qui…
Camilleri viene sul set?
“Sì, è capitato. È un maestro attento e curioso, segue tutto ciò che porta la sua firma. Ho letto non solo la serie di Montalbano ma anche altri suoi libri molto belli, come il divertentissimo Birraio di Preston”.
Ah, lo adoro, ha una struttura geniale… Sei contento di essere diventato Fazio?
“Sì, è stato il primo ruolo tratto da un libro e si prova una sensazione diversa perché sai che il personaggio esiste ad li là di te stesso, è patrimonio di tutti ma tu devi dargli una faccia, devi portarlo in scena secondo la tua sensibilità. È stato anche un modo per conoscere meglio la Sicilia e un posto magico come Ragusa Ibla”.
Quando girate gli episodi state a lungo in Sicilia?
“Sei mesi circa. Viviamo in un residence. Non siamo più solo colleghi, si creano amicizie. La sera capita di ritrovarsi a mangiare tutti insieme da chi ha avuto voglia di cucinare”.
Sembra un po’ di rivivere il periodo universitario?
“Per certi aspetti, ma non con la leggerezza di quando hai vent’anni. Comunque si è al lavoro e la maggior parte delle persone ha una moglie, un marito, un fidanzato o dei figli che telefonano, chiedono quando torni e ti aspettano a casa. Con questo mestiere non è semplice tenere salda la famiglia”.
Prima la carriera e poi l’amore?
“No, prima l’amore”.
E sul set nascono storie?
“Può accadere che si creino delle complicità. Stare molto tempo insieme, strettamente, condividere una vicenda che non è reale ma che comunque reciti ogni giorno può facilitare il nascere di una relazione. Ma spesso sono fuochi di paglia, che finiscono non appena si torna alla vita quotidiana”.
Recitare in fiction molto popolari come il Giovane Montalbano e i Cesaroni ti ha cambiato?
“No, continuo a sentirmi un antidivo e poi non c’è un motivo reale per cui uno debba sentirsi diverso se raggiunge la popolarità”.
Qual è la tua aspirazione professionale?
“Oltre che recitare, vorrei dedicarmi anche alla scrittura e direzione di opere teatrali”.
Quando non sei sul set?
“Sono spesso molto occupato. Faccio parte di una associazione culturale, organizziamo produzioni nostre e poi mi diverto a realizzare progetti creativi. In questo modo evito anche l’effetto attesa da chiamata per una parte. E poi mi piace tenermi impegnato, borsa in spalla, in su e in giù per Roma, per l’Italia. E spesso all’estero. Un’altra mia passione è il doppiaggio”.
è stato un piacere lavorare con lui e scoprirlo meglio attraverso la tua intervista… brava!
Grazie, un bravo attore e una bella persona. Non vedo l’ora di poter parlare anche del corto in cui vi “specchiate”.