Mep, incursioni di poesia urbana

Stese come panni ad asciugare al vento, incollate di fresco sui muri di tutta Italia. Poesie contemporanee dagli autori anonimi (in fondo compaiono una lettera e un numero seriale) ma che appartengono a un unico movimento, Mep. Frasi brevi, spesso pungenti. Parole che si dilatano su muri spesso dimenticati, accarezzate da fronde di piante cresciute spontanee.

L’azione privilegiata del Movimento per l’emancipazione della poesia è l’attacchinaggio di testi sui muri delle città, in centro e nelle periferie, facendo attenzione a non affiggere i fogli su opere d’arte o monumenti. All’attacchinaggio si aggiungono il volantinaggio, la diffusione di poesie in rete sfruttando i principali canali di divulgazione informatica, e poi interviste e dichiarazioni per programmi televisivi e radiofonici, la realizzazione di articoli per testate giornalistiche, la pubblicazione di poesie su riviste, la registrazione di letture e la diffusione di queste su Internet e per radio, la collaborazione con compagnie teatrali, con musicisti, con disegnatori e street-artist, l’inserimento clandestino di poesie nei libri in vendita nelle principali librerie e in prestito nelle biblioteche. Tra i motivi della mancata firma sulle poesie la volontà di mettere maggiormente in luce l’opera piuttosto che l’autore ma anche una questione di sicurezza. Infatti alcune azioni del Mep, fra cui l’attacchinaggio privo di permessi, sono esplicitamente vietate dalla legge.

Nel suo manifesto di intenti si legge: “ll Mep si propone di restituire alla poesia il ruolo egemone che le compete sulle altre arti e al contempo di non lasciarla esclusivo appannaggio di una ristretta élite, ma di riportarla alle persone, per le strade e nelle piazze. Gli atti con i quali intendiamo fare ciò sono molteplici, e non disdegniamo la prepotenza di alcuni di essi, poiché contrariamente a una lenta e pacifica opera di sensibilizzazione, azioni di forte impatto sono in grado di sortire immediatamente il proprio effetto. Cerchiamo, laddove possibile, di far perno su quella proprietà intrinseca della parola scritta per la quale risulta impossibile per chiunque getti su di essa lo sguardo non leggerla, in quanto la parola si fa leggere e decodificare nel momento stesso in cui viene vista”.

Liriche urbane che ci sorprendono al passaggio, camminando, invitandoci a soffermarci per un attimo e respirare poesia, cruda o quieta non importa.

“Fidati delle coincidenze. Sono il sussurro che tradisce il legame tra il possibile e l’inevitabile”.

 

Chef Bartolini, il gusto oltre le Stelle

Ama andare in volo, lo esalta il looping, e le macchine veloci, per cui talvolta si cimenta in test drive. È appassionato delle Frecce Tricolori. Il suo sorriso è quieto e non lascia immaginare quanta adrenalina possa contenere. Ho incontrato con grande piacere lo chef stellato Enrico Bartolini alla trepidante vigilia dell’inaugurazione della nuova Trattoria che porta il suo nome in Maremma. Un lungo viale di pini marittimi e cipressi conduce all’antica dimora del granduca Leopoldo II di Lorena diventata l’elegante resort L’Andana all’interno della Tenuta La Badiola, a pochi chilometri da Castiglione della Pescaia. Immerso tra i vigneti e i profumi di macchia mediterranea, quello che un tempo era il granaio è stato trasformato in un raffinato ristorante finora seguito dallo staff dello chef Alain Ducasse. Dopo un decennio, il legame tra il gruppo Terra Moretti che possiede la Tenuta e quello francese si è sciolto. Nella gestione della parte ristorativa, a Ducasse è subentrato lo chef toscano Enrico Bartolini, che a 36 anni ha già ottenuto due stelle Michelin. Classe 1979, originario di Larciano (Pistoia), osannato dai critici gastronomici come uno tra i giovani più talentuosi d’Italia, ha ottenuto a soli 29 anni la sua prima Stella Michelin e a 33 la seconda, riconoscimenti che, con le Tre Forchette del Gambero Rosso e i Tre Cappelli della guida de L’Espresso, lo hanno consacrato chef di livello internazionale. Quest’anno ha inaugurato il suo ristorante a Milano, al Mudec. In contemporanea ha aperto Casual ristorante a Bergamo. Ha inoltre ottenuto la gestione di tutta la parte di ristorazione dell’Andana di Castiglione della Pescaia, sia del ristorante La Villa del resort, sia della Trattoria Toscana che è stata rinominata La Trattoria Enrico Bartolini.

Come è nata la liaison?

“La famiglia Moretti mi ha coinvolto in questa scelta. Hanno pensato che anche per le mie origini toscane abbia le caratteristiche giuste per riprendere i gusti gastronomici del posto”.

La sua cucina è definita contemporary classic. Cosa si intende?

“La contemporaneità contiene e nasconde del classicismo. La mia cucina è tradizionale, soprattutto il sapore. Ci sono alcuni ingredienti non italiani, come il salmone o il curry, ma che ormai sono popolari. La tradizione oggi si vede con occhi contemporanei. La pappa al pomodoro, ad esempio, è dentro a un pomodorino che scompare in bocca: con la tecnica ci si diverte un po’. Però questo non toglie che la bistecca rimane tale. La concretezza non deve mancare”.

Come deve essere un piatto perfetto?

“Buono e bello, piacevole da masticare, con consistenze insolite che sorprendano”.

Alla Trattoria riprenderà le tradizioni del territorio?

“Sì, ma anche a Milano facciamo una cucina che sento toscana, pur con delle contaminazioni frutto dei miei viaggi soprattutto in Oriente”.

Due stelle Michelin e tre figli, giusto?

“Sì. Quando sono a casa cucino per loro. La piccola di 4 mesi per ora vive attaccata al seno della madre. Tommaso, 8 anni, mi chiede se mi può aiutare, gli piace mangiare. Giovanni, 3 anni, è molto tenace, un carattere tipo da chef francese”.

Tre aperture quasi in contemporanea: Milano, Bergamo, Maremma. Ci vuole una bella capacità imprenditoriale.

“Aprire tre posti è sicuramente impegnativo, oltre che per la parte economica anche nel dare fiducia a tre team indipendenti. L’Andana è un luogo ameno, ne sono innamorato. Anche se continuerò a vivere a Milano, cercherò di venire a Castiglione il più possibile. Ma con la testa sarò sempre presente. Due persone di mia fiducia si sono trasferite qui per me, l’executive chef Marco Ortolani e Davide Macaluso come manager della ristorazione”.

Come sceglie il suo staff?

“Sono convinto che tutti abbiano buone qualità. È difficile però capire da un colloquio di lavoro qual è il posto più adatto ad una persona. Ma mi misuro sempre con lo staff per vedere se ognuno è stato messo dove può sentirsi più realizzato e rendere meglio. Nel nostro gruppo chi è molto motivato fa carriera. Abbiamo aperto a Hong Kong e Dubai, e chef che erano con noi sono andati lì. Abbiamo creato un bel team, sono soddisfatto. I vari chef devono stare in sintonia e fare capo a Remo, che è il mio secondo”.

Quale esperienza è stata più significativa per la sua formazione?

“Quando a 19 anni sono andato a Parigi. Dovevo organizzare la casa e al tempo stesso fare una vita professionale in un Paese in cui per la cucina c’è grande interesse e molte persone cercano ristoranti di alto livello. Lì da 19 a 22 anni sono cresciuto e felicemente. In Italia con Alajmo ho visto che ero accanto a una persona grande ma che sono convinto abbia ancora tanto da esprimere. Mi ha colpito molto la sua sensibilità nel trovare una sfumatura a qualcosa che già era eccellente. E a 25 anni ho iniziato con le mie attività…”.

Ha esultato per le due Stelle?

“Le ho sempre desiderate e sono rimasto molto soddisfatto ma non riesco ad esultare (sorride, ndr). Sono un mezzo che fotografa il lavoro svolto. Dopo si è mosso un mare di attenzione, di ospiti prestigiosi e sono arrivate le attività all’estero”.

Cos’è il piacere in cucina, secondo lei?

“Il piacere riconduce a qualcosa di emotivo che ti coinvolge. In cucina, in genere gli alimenti che fanno male sono i più buoni. Però adesso c’è una cultura che li fa essere meno dannosi grazie ad un buon uso, penso ad esempio al burro. Per me il più grande piacere è che l’ospite provi piacere, dal comfort del luogo a quello che c’è nel piatto che deve essere buono e bello. La cucina come cultura e relazione è un grande piacere”.

Che valore ha la cucina per il nostro Paese?

“La cucina è un’arma di pace che conduce l’Italia. All’estero adesso ci temono, a volte ci accusano di dormire un po’ perché abbiamo grandi risorse e ricchezze nelle diversità”.

Che ne pensa di questa esaltazione della cucina con tanti programmi tv e chef seguiti come rockstar?

“Sono felice che se ne parli molto. Ammiro tanti colleghi che vivono di cucina e trasmettono buoni insegnamenti con umiltà come faccio io, spero. Muoviamo l’economia. Mi auguro però che nel tempo la ristorazione goda di qualche privilegio in più. In Italia ci sono isole felici che funzionano bene ma altri posti meno. Io ho azzardato molto da giovane investendo, ma mi rendo conto che ci sono tanti ostacoli per chi vuole aprire e mantenere un’attività imprenditoriale”.

Prima di diventare famoso aveva un punto di riferimento?

“Sono cresciuto avendo il libro con la faccia di Marchesi davanti. Adesso lui dice che io sono tra i suoi cuochi preferiti. È bellissimo”.

Dal menu de La Trattoria Enrico Bartolini, ecco tre piatti invitanti. Gamberi viola, lardo di Cinta e nocciole; risotto con rape rosse e gorgonzola; Ricciola di fondale arrostita, emulsione al prezzemolo, fave e moraiola. Una mousse al cioccolato o magari un sorbetto per concludere davanti al tramonto fra i vigneti dove spesso scorrazzano i leprotti.

 

Il Timballo multietnico con la Cucinotta

Un contest culinario ha accompagnato i provini per scegliere il cast di “Timballo”, cortometraggio di Maurizio Forcella che sarà girato questo mese a Campli (Teramo). Vincitore all’assaggio di una qualificata giuria è risultato il “Timbascous con crespelle di grano di Saragolla, lenticchie di Santo Stefano Di Sessanio, crema di peperoni di Altino e pallottine di cimette di rapa e quenelle di patata viola”, alternativa etnica con couscous del tipico piatto teramano, realizzato dagli studenti-cuochi della III C dell’Istituto Alberghiero Crocetti – Cerulli di Giulianova. In giuria il nutrizionista Paolo De Cristofaro, lo chef Antonio Verdino, il professore di Scienze e Tecnologie Alimentari, Giampiero Sacchetti; l’africanista e professore della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Kisangani – Repubblica Democratica del Congo, Mukuna Samulomba Malaku; e il regista Maurizio Forcella. Il “Timbascous” sarà dunque cucinato nel cortometraggio scritto da Forcella e dallo sceneggiatore Pietro Albino Di Pasquale e che verrà quasi interamente girato e ambientato nell’antica città d’arte di Campli, che conserva rilevanti tracce di antiche fortificazioni, torri di avvistamento e la celeberrima Scala Santa, unica al mondo, formata da 28 scalini di legno.

“Timballo” avrà tra gli interpreti Maria Grazia Cucinotta, Ivan Franek, Nunzia Schiano, Niko Mucci e Fabio Balsamo. Il corto racconta la storia di alcuni migranti che, improvvisandosi cuochi, riescono a risollevare le sorti di un ristorante in rovina reinventando, a modo loro, un piatto tipico della tradizione teramana: il timballo.

 

L’Universale, cinema fantasmagorico

“Spettatore pagante, spettatore parlante”. In sala, tra le poltroncine dell’Universale di Firenze, guardando e commentando film, sono nati modi di dire (“abburracciugagnene” il più divertente), storie, amori. Il regista Federico Micali ha ricostruito con cura e passione le vicende dello storico cinema di San Frediano e dei personaggi che vi ruotavano attorno affidando il racconto in particolare a Tommaso, interpretato dall’attore grossetano Francesco Turbanti, che si è perfettamente calato nella parte. Al suo fianco gli amici Alice e Marcello con cui condivide o talvolta si ferma ad osservare storie psichedeliche e di contestazione. Siamo negli anni Settanta, rappresentati da speranze, sogni, lotte e eccessi. Un film che emoziona, diverte e lascia un po’ di amaro in bocca per le belle cose che finiscono, per quel gusto di condividere che nei multisala si è perso.

Da oggi a domenica alle 17 e alle 21.15 al cinema Stella in via Mameli a Grosseto verrà proiettato il film “L’Universale” di Federico Micali. Alla proiezione di sabato alle 21.15 parteciperà anche l’attore grossetano Francesco Turbanti.

Per leggere l’intervista a Turbanti pubblicata sul quotidiano La Nazione, in occasione dell’anteprima fiorentina, cliccare sul link:

http://www.lanazione.it/grosseto/universale-firenze-1.2057756