Il corto “Bellissima” sarà proiettato sabato 20 agosto 2016 al Cassero di Grosseto, alla presenza del regista Capitani
Giusy, una bellezza da David

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Il corto “Bellissima” sarà proiettato sabato 20 agosto 2016 al Cassero di Grosseto, alla presenza del regista Capitani
Musiche di scena per il teatro, composizioni cameristiche, canzoni, musiche di film che sono rimaste sotto la pelle. Come la colonna sonora de “La vita è bella”, che gli è valsa l’Oscar. Il maestro Nicola Piovani ha incontrato quasi tutti i maggiori autori del cinema italiano: fra gli altri, i fratelli Taviani, Nanni Moretti, Mario Monicelli, Giuseppe Tornatore, Federico Fellini. Con lo spettacolo “La musica è pericolosa”, Piovani unisce la narrazione della propria vita all’esecuzione di brani che fanno parte dei nostri ricordi. Dopo la serata in Maremma sul palco di Festambiente a Rispescia, sarà il 21 agosto a Castelbuono (Pa) e il 27 agosto al Teatro Ariston di Sanremo.
“La musica è pericolosa” è un racconto musicale, narrato dagli strumenti che agiscono in scena, pianoforte, contrabbasso, percussioni, sassofono, clarinetto, chitarra, violoncello, fisarmonica. A scandire le tappe di questo viaggio musicale, Nicola Piovani racconta al pubblico i percorsi che lo hanno portato a fiancheggiare il lavoro di De André, Fellini, Magni, di registi spagnoli, francesi, olandesi, per teatro, cinema, televisione, cantanti strumentisti, alternando l’esecuzione di brani teatralmente inediti a nuove versioni di brani più noti, riarrangiati per l’occasione. I video di scena integrano il racconto teatrale con scene di film, di spettacoli e immagini che artisti come Luzzati e Manara hanno dedicato all’opera musicale di Piovani. “La musica è pericolosa” è anche un libro, edito da Rizzoli, che affascina descrivendo quella di Piovani come una esistenza nel segno della musica, costellata di incontri che la musica ha reso possibili: con Fabrizio De André, con cui ha scritto due album capitali come “Non al denaro, non all’amore né al cielo” e “Storia di un impiegato”; con il pubblico che lo ha ascoltato dal vivo nei cabaret o nei teatri; con i registi per i quali ha scritto alcune delle colonne sonore che hanno segnato quarant’anni di cinema. Piovani parla di musica ma anche delle partite della Roma viste a casa di Ennio Morricone e dei pranzi con Elsa Morante. Una galleria di personaggi indimenticabili.
Maestro, la musica è pericolosa, diceva Fellini. Ma è un pericolo che vale la pena correre?
“Senza questo tipo di pericoli la vita diventa insipida. Immagini una vita senza l’emozione di una nuova scoperta artistica – magari di un romanzo, un film, una poesia, una canzone, che a volte, come si dice, ci cambiano la vita – senza il brivido di un innamoramento adolescenziale? Ecco, per me la scoperta di nuove musiche somiglia molto a certe cotte giovanili”.
È vero che molte delle sue musiche prendono ispirazione anche dalla sua infanzia?
“Penso che questo sia vero per tutti quelli che fanno il mio mestiere: nello spettacolo racconto il batticuore che da ragazzino mi dava la banda del paesino dove andavo in vacanza. Comporre è un atto che attinge comunque alla fonte della memoria, in primis quella infantile: secondo me vale per Beethoven e vale per Califano”.
Ha portato il suo spettacolo anche a Festambiente. Condivide le battaglie di Legambiente?
“Mi chiedo solo come sia possibile non condividerle, almeno nei princìpi generali. Sono temi fondamentali, eticamente e politicamente certi, in un momento di grandi incertezze ideologiche”.
Lei ha lavorato con grandi registi, con Monicelli avete mai scherzato? E con Benigni?
“Si scherzava e si scherza con molti registi, adesso non ne ricordo nessuno che fosse serioso, che non giocasse sul lavoro. Forse è capitato con un regista belga… Una volta, ricordo, mi offrirono un film-commedia sentimentale con Uma Thurman e Vanessa Redgrave, per la regia di John Irvin. Andai a parlare con lui, col regista, e gli dissi: La ringrazio molto della proposta, ma le devo confessare che a me non piacciono per niente le commedie sentimentali. Lui rispose: Neanche a me. Allora lavoreremo benissimo insieme. E accettai il film”.
Che effetto le fa sapere che le musiche che ha composto accompagnano i ricordi di una miriade di persone?
È un bell’effetto, bellissimo. Ma poi penso: Chissà come le ricordano? La memoria fa dei begli scherzetti, a tutti, ricordiamo con lenti deformate, tendenziose… Ma sono comunque felice di entrare nell’album mentale dei ricordi altrui”.
Qual è il momento più bello di un concerto? Il silenzio d’ascolto? L’applauso?
“Il momento più bello di un concerto è tutto il concerto stesso; a partire da quell’attimo magico in cui si sta per iniziare, calano le luci della platea, il pubblico tossisce un po’ di più per schiarirsi la gola per non rischiare di disturbare dopo: un gesto di amore per lo spettacolo. Momento magico sia quando sono in platea e da spettatore aspetto che lo spettacolo cominci, sia quando sto dietro le quinte e sento gli spettatori che si affrettano a sedersi. Poi, naturalmente, il silenzio è un gran regalo che il pubblico ci fa quando suoniamo, il silenzio attivo, che dal palco si sente, e si distingue bene dal silenzio distratto”.
Lei compone, suona ma che musica ascolta?
“Ascolto un po’ di tutto: soprattutto musica dal vivo, opere e concerti sinfonici, da camera. Ma non mi faccio mancare una mia playlist su Spotify: in questo momento c’è dentro Bruckner, il Mefistofele di Boito, i Radiohaed, Michel Petrucciani, Saint-Saens, Poulenc, Rufus Wainwright, Walchiria, Daniele Silvestri… La curiosità è difficile da spegnere”.
I loro due ultimi romanzi sono il primo e il secondo in classifica tra i libri più venduti in Italia, “7-7-2007” e “L’altro capo del filo”. Appartengono entrambi alla scuderia Sellerio. Il maestro Andrea Camilleri, che da novantenne non ha perso di un grammo fantastica ironia e capacità affabulatoria, e lo scrittore Antonio Manzini ieri sono stati i protagonisti dell’incontro “Del caso, nel romanzo (e nella vita)” a Santa Fiora. Antonio D’Orrico, giornalista, critico letterario e scrittore, ha abilmente moderato la conversazione nel teatro colmo di persone. Anzi qualcuno non è potuto entrare, ma la capienza massima non si poteva superare, come ha spiegato il sindaco Federico Balocchi. E le persone non sono acqua, che prende la forma che le si dà. Come spesso accade con Camilleri, l’attesa è da concerto di una rockstar. Pigiati in fila con tanto di sgomitamenti per arrivare sotto palco. In platea c’è anche Lillo, comico di grande intelligenza anche quando è senza Greg.
Alla fine del suo ultimo romanzo, “L’altro capo del filo”, avevo letto che per problemi alla vista si era fatto aiutare nella battitura. E temevo quasi di rivederlo perché conservo un ricordo meraviglioso delle interviste fatte anni fa a Santa Fiora e Arcidosso. Del resto è da una vita che Camilleri trascorre le sue estati sull’Amiata con la famiglia ed è anche cittadino onorario di Santa Fiora. Con sollievo ho notato subito che la sua verve è intatta, che con due frasi ti disegna una scena, ti fa ridere e commuovere con naturalezza senza forzare mai il discorso o inseguire la battuta.
Dunque il caso, un tema vastissimo nella vita e nella letteratura.
Camilleri a Manzini: “Largo ai giovani, comincia tu, anche se non sei proprio giovane”.
Sorridono. Ma da quando si conoscono i due autori? Da prima di Schiavone certamente ma anche da prima di Montalbano. E in questo incontro accalorato la sensazione netta è che Camilleri indichi in Manzini il suo successore. Anche Rocco Schiavone, il vice questore protagonista dei polizieschi di Manzini diventerà come Montalbano un personaggio da serie tv.
Camilleri: “Insegnavo regia all’Accademia di arte drammatica e tenevo un corso di cinema dove conobbi Manzini. Un docente spera sempre di trovare fra gli allievi qualcuno con cui dialogare e confrontarsi. Mi piaceva la sua ironia, avevamo raggiunto una intesa di umorismo surreale anche sul niente, improvvisando. Anche solo la differenza d’età (per caso ieri era il compleanno di Manzini, 52 anni), ci portava ad avere idee diverse. Sentivo i canini che mi si allungavano, ho succhiato il suo sangue!”.
Tutti sorridono e Manzini è contento di essere stato vampirizzato, anche lui ha assorbito dal maestro.
Camilleri: “Quando scrissi il mio primo Montalbano, dopo mia moglie che è stata la mia prima lettrice, lettrice che non auguro a nessuno, il secondo a leggere il manoscritto è stato proprio Manzini”.
Manzini: “Ma solo perché mi trovavo a casa sua per caso… Allora avevo 27 anni. Leggo questo manoscritto bellissimo, originale, battuto a macchina senza un errore né una cancellatura. Eppure Andrea mi disse che quella era la brutta copia! Quest’uomo è abitato! È l’unica spiegazione possibile. Dentro di lui ci sono tre o quattro uomini e magari un regista che li dirige. Noi scrittori della Sellerio siamo messi male. L’editore ha deciso che il ritmo e lo standard giusto sono quelli di Camilleri. Quindi molti, disperati, fuggono. Ci ha reso la vita un inferno, anche se è un amico. Ma abbiamo imparato molto da lui. Andrea ha aperto una strada che poi molti scrittori hanno seguito. Per la prima volta con Camilleri il poliziotto è umano, gli piace mangiare, si incazza, è simpatico”.
Camilleri ripercorre il periodo in Rai, l’esperienza fondamentale del portare Maigret in tv che gli insegna a decostruire e riorganizzare la narrazione.
Ma il momento più esilarante è di sicuro quando Camilleri racconta della telefonata ricevuta da Renzi che era a New York. Un racconto che è un pezzo di rara comicità a tratti surreale. Tra Camilleri che non sapeva se a chiamarlo fosse veramente Renzi (“calcolai che a New York dovevano essere le 4 di notte”) o piuttosto quelli della Zanzara che fanno sempre scherzi in radio. E il dubbio si accresce quando Renzi gli dice che era a cena con Bill Clinton che gli aveva chiesto di voler incontrare il padre di Montalbano ma soprattutto l’autore del Birraio di Preston. Era tutto vero. Renzi stava facendo da tramite per far incontrare Bill Clinton e Camilleri a Roma.
Camilleri: “E così ho scritto una email a Clinton, che mi ha risposto istantaneamente per email e poi su carta intestata. Auguro al mio fraterno amico Manzini di ricevere una lettera da Hillary Clinton”.
L’improvvisazione è l’aspetto peculiare della musica jazz. È strabiliante come in ogni concerto gli stessi brani di partenza possano assumere forme diverse. Variazioni sul tema iniziale che si espande, modifica, si modella seguendo la creatività e la sensibilità dei musicisti che suonano insieme, guardandosi, muovendosi in un tuttuno col proprio strumento e in comunicazione aperta tra di loro, trascinando il pubblico.
Ma l’arte dell’improvvisazione è una dote o si può in qualche modo imparare?
In occasione della presentazione del Grey Cat Festival 2016, che andrà in scena da stasera per tutto il mese di agosto, ho rivolto questa domanda al noto sassofonista Stefano “Cocco” Cantini, che ne è il direttore artistico.
“L’improvvisazione – spiega Cantini – è sicuramente una dote che avevano tutti. Adesso è più espressa dagli uomini perché le donne sono state relegate al non gioco. Come evidenzia bene il termine inglese interplay, l’improvvisazione significa giocare insieme. Ma il mondo sta cambiando e anche le donne ci si stanno dedicando. L’improvvisazione è ancestrale, è la creatività estemporanea. La dote è necessaria ma senza l’applicazione non serve a nulla. Contano quindi anche lo studio e l’esperienza”.
E il rapporto con gli altri musicisti quanto conta?
“Molto. Si suona bene con i musicisti giusti, con cui ci si trova bene, e allora tutto funziona”.
Questa edizione del Grey Cat ha grandi nomi, come tradizione.
“Anche quest’anno il festival ha una programmazione grandiosa per la Maremma con concerti di livello internazionale e produzioni originali come Writing4Trane che girerà in tutta Europa raccontando uno dei più grandi jazzisti della storia, Coltrane, visto da sé stesso. Uno spettacolo teatrale oltre che musicale. Tengo molto a questo aspetto, che dal festival emergano produzioni originali”.
Tutto il programma del Grey Cat Festival 2016 si può leggere nell’articolo uscito sul quotidiano La Nazione. Ecco il link su cui cliccare:
http://www.lanazione.it/grosseto/grey-cat-festival-1.2395792?wt_mc=fbuser