Musiche di scena per il teatro, composizioni cameristiche, canzoni, musiche di film che sono rimaste sotto la pelle. Come la colonna sonora de “La vita è bella”, che gli è valsa l’Oscar. Il maestro Nicola Piovani ha incontrato quasi tutti i maggiori autori del cinema italiano: fra gli altri, i fratelli Taviani, Nanni Moretti, Mario Monicelli, Giuseppe Tornatore, Federico Fellini. Con lo spettacolo “La musica è pericolosa”, Piovani unisce la narrazione della propria vita all’esecuzione di brani che fanno parte dei nostri ricordi. Dopo la serata in Maremma sul palco di Festambiente a Rispescia, sarà il 21 agosto a Castelbuono (Pa) e il 27 agosto al Teatro Ariston di Sanremo.
“La musica è pericolosa” è un racconto musicale, narrato dagli strumenti che agiscono in scena, pianoforte, contrabbasso, percussioni, sassofono, clarinetto, chitarra, violoncello, fisarmonica. A scandire le tappe di questo viaggio musicale, Nicola Piovani racconta al pubblico i percorsi che lo hanno portato a fiancheggiare il lavoro di De André, Fellini, Magni, di registi spagnoli, francesi, olandesi, per teatro, cinema, televisione, cantanti strumentisti, alternando l’esecuzione di brani teatralmente inediti a nuove versioni di brani più noti, riarrangiati per l’occasione. I video di scena integrano il racconto teatrale con scene di film, di spettacoli e immagini che artisti come Luzzati e Manara hanno dedicato all’opera musicale di Piovani. “La musica è pericolosa” è anche un libro, edito da Rizzoli, che affascina descrivendo quella di Piovani come una esistenza nel segno della musica, costellata di incontri che la musica ha reso possibili: con Fabrizio De André, con cui ha scritto due album capitali come “Non al denaro, non all’amore né al cielo” e “Storia di un impiegato”; con il pubblico che lo ha ascoltato dal vivo nei cabaret o nei teatri; con i registi per i quali ha scritto alcune delle colonne sonore che hanno segnato quarant’anni di cinema. Piovani parla di musica ma anche delle partite della Roma viste a casa di Ennio Morricone e dei pranzi con Elsa Morante. Una galleria di personaggi indimenticabili.
Maestro, la musica è pericolosa, diceva Fellini. Ma è un pericolo che vale la pena correre?
“Senza questo tipo di pericoli la vita diventa insipida. Immagini una vita senza l’emozione di una nuova scoperta artistica – magari di un romanzo, un film, una poesia, una canzone, che a volte, come si dice, ci cambiano la vita – senza il brivido di un innamoramento adolescenziale? Ecco, per me la scoperta di nuove musiche somiglia molto a certe cotte giovanili”.
È vero che molte delle sue musiche prendono ispirazione anche dalla sua infanzia?
“Penso che questo sia vero per tutti quelli che fanno il mio mestiere: nello spettacolo racconto il batticuore che da ragazzino mi dava la banda del paesino dove andavo in vacanza. Comporre è un atto che attinge comunque alla fonte della memoria, in primis quella infantile: secondo me vale per Beethoven e vale per Califano”.
Ha portato il suo spettacolo anche a Festambiente. Condivide le battaglie di Legambiente?
“Mi chiedo solo come sia possibile non condividerle, almeno nei princìpi generali. Sono temi fondamentali, eticamente e politicamente certi, in un momento di grandi incertezze ideologiche”.
Lei ha lavorato con grandi registi, con Monicelli avete mai scherzato? E con Benigni?
“Si scherzava e si scherza con molti registi, adesso non ne ricordo nessuno che fosse serioso, che non giocasse sul lavoro. Forse è capitato con un regista belga… Una volta, ricordo, mi offrirono un film-commedia sentimentale con Uma Thurman e Vanessa Redgrave, per la regia di John Irvin. Andai a parlare con lui, col regista, e gli dissi: La ringrazio molto della proposta, ma le devo confessare che a me non piacciono per niente le commedie sentimentali. Lui rispose: Neanche a me. Allora lavoreremo benissimo insieme. E accettai il film”.
Che effetto le fa sapere che le musiche che ha composto accompagnano i ricordi di una miriade di persone?
È un bell’effetto, bellissimo. Ma poi penso: Chissà come le ricordano? La memoria fa dei begli scherzetti, a tutti, ricordiamo con lenti deformate, tendenziose… Ma sono comunque felice di entrare nell’album mentale dei ricordi altrui”.
Qual è il momento più bello di un concerto? Il silenzio d’ascolto? L’applauso?
“Il momento più bello di un concerto è tutto il concerto stesso; a partire da quell’attimo magico in cui si sta per iniziare, calano le luci della platea, il pubblico tossisce un po’ di più per schiarirsi la gola per non rischiare di disturbare dopo: un gesto di amore per lo spettacolo. Momento magico sia quando sono in platea e da spettatore aspetto che lo spettacolo cominci, sia quando sto dietro le quinte e sento gli spettatori che si affrettano a sedersi. Poi, naturalmente, il silenzio è un gran regalo che il pubblico ci fa quando suoniamo, il silenzio attivo, che dal palco si sente, e si distingue bene dal silenzio distratto”.
Lei compone, suona ma che musica ascolta?
“Ascolto un po’ di tutto: soprattutto musica dal vivo, opere e concerti sinfonici, da camera. Ma non mi faccio mancare una mia playlist su Spotify: in questo momento c’è dentro Bruckner, il Mefistofele di Boito, i Radiohaed, Michel Petrucciani, Saint-Saens, Poulenc, Rufus Wainwright, Walchiria, Daniele Silvestri… La curiosità è difficile da spegnere”.