Esce “Mare di conchiglia”, arcipelago di racconti

Sono quattordici i racconti che compongono il mio nuovo libro. “Mare di conchiglia” esce a settembre in libreria, pubblicato da Laurum editrice. C’è molto di me, sono persino in copertina (foto scattata da Luciano Salvatore a Marina di Alberese). Soprattutto c’è il mare, che unisce e allontana, che tiene in attesa, libera e protegge. Ci sono incontri, di sentimenti freschi con nuovi luoghi da scoprire e di ricordi con l’isola dell’infanzia, la Sicilia. E incontri con personaggi fondamentali della letteratura, come Carlo Fruttero. Ma non è una autobiografia. Sì, è vero, parlo spesso in prima persona e cito per nome le mie zie Cettina, Nevia e Mariella. Ma compaiono altri personaggi, scaturiti dalla mia fantasia. Così come spesso romanzati sono gli spunti della vita reale.

Il giornalista Fabrizio Brancoli, direttore del quotidiano Il Tirreno, mi ha fatto un dono prezioso: una prefazione bellissima.

Eccola…

“La scrittura lieve è una qualità speciale, non la posseggono molte persone. Sembra facile, non lo è. Scrivere è anche affrontare l’agguato costante della ridondanza, della vanità lessicale: ci sono demoni, nel tuo cuore, che si allungano fin dentro i tuoi polpastrelli e ti circuiscono a suon di aggettivi specifici, di frasi complesse. Dai, forza, dimostraci se vali veramente.  Aggiungi quelle parole, insisti sul concetto, doma il vocabolario e spara fuochi d’artificio: fallo, ti sfidiamo. Restare fuori dalle tentazioni di questa falsa opulenza, che spesso allontana i lettori invece che richiamarli, è una questione di equilibrio, di saggezza ma spesso anche di talento. Perché la semplicità è un talento: è il nitore dell’espressione, la capacità di raccontare senza indurre fatica, né noia. Curare le cose minime è difficile.

Irene scrive leggero.

Non che questo significhi debolezza, anzi. Si intercetta anche una certa grinta, nel difendere certe scelte o nello spiegare certe deviazioni esistenziali, guidate dal precariato ma poi anche dall’incontro con il grande amore. Ma il colore di fondo di questo libro resta quello di una serie di delicati acquarelli. C’è la vita, quella vera e normale, che percorre queste pagine dove mangi una schiaccina presa dallo zaino, cammini e conversi con un’amica, assorbi racconti altrui, corri in un frutteto e incontri un comico in una palude.

Così, provo a riassumere che cosa c’è, qui dentro. Di che cosa scrive Irene?

C’è spesso il sole, c’è ovunque il mare (curiosamente, è sempre un mare dell’ovest).

C’è molto ricordo.

Ci sono i cinque sensi, i profumi, i sapori, i suoni delle cose.

Ci sono molte donne, che belle.

E naturalmente c’è una volpe ladruncola.

Mi è parso di capire, sfogliando questi brevi affreschi di parole, che Irene ami molto le isole. Fanno proprio parte di lei. Così, mi piace considerare questo libro come se fosse un arcipelago, dove la geografia lascia il posto all’emozione narrata. Un arcipelago dove possiamo spostarci e conoscere approdi sempre diversi, scegliendo noi la rotta più adatta al momento. Non è un dono da poco”.

Spero che i racconti vi terranno buona compagnia. Che suscitino emozioni.

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