“Il sanguinaccio dell’Immacolata”: Torregrossa ci porta nelle contraddizioni di Palermo con la sua vicequestora Marò

Sparì tra le alte piramidi di broccoli, le capannucce di cardi, al di là di una lunga palizzata di carciofi. Fatti pochi passi sconfinò in un dedalo di arance lucide come palle di Natale, mandarini incartati in veline colorate, limoni con la buccia rugosa, mele croccanti dalle sfumature gialle e fucsia, carnosi finocchi dalle tonalità lattescenti… Marò si addentrò tra collinette di lucide olive nere, verdi, marroni che trasudavano umori. Si fermò al centro di una rotonda di frutta secca. Nulla la tentava più di noci, nocciole e datteri imperlati di zucchero…
Il fruttivendolo sul marciapiede la salutò con un sorriso accattivante. Le offrì un mandarino rotondo e compatto. «Tastasse questo» e prima che potesse rispondere l’aveva già sbucciato e posato su un piattino. Marò addentò due spicchi, un succo acidulo e zuccherino le inondò la bocca, nel cuore le passò una fragranza di famiglia.

Alcuni passi tratti dal nuovo e bellissimo romanzo di Giuseppina Torregrossa, “Il sanguinaccio dell’Immacolata”, Mondadori. È il terzo libro con protagonista Marò Pajno, che da commissaria è diventata vicequestora e capo del gruppo antifemminicidio della Mobile di Palermo. Un nuovo caso da risolvere che le impone una importante presa di coscienza della propria vita. La mia recensione al romanzo è sul magazine Uozzart.

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Il sanguinaccio dell’Immacolata di Giuseppina Torregrossa – La recensione

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