Il romanzo “Né di Eva né di Adamo”, Voland, seduce con le sue peripezie sentimentali e linguistiche in Giappone
Abbraccio il cuscino e piango sdraiata sopra al libro che ho appena finito di leggere. È notte, l’una e mezza, e una frase dell’ultima pagina mi ha riempito gli occhi di lacrime. Una frase che non scrivo perché potrei rovinare il finale a chi non ha letto “Né di Eva né di Adamo” di Amélie Nothomb. Come è possibile che non lo avessi ancora letto? Ero convinta di avere tutti i romanzi di Amélie, che adoro, perfino due racconti difficilmente trovabili. Potrei aspettare domani per scrivere in maniera più precisa e razionale di questo libro meraviglioso. Leggendolo mi è sbocciato il desiderio improvviso di visitare il Giappone; ho comprato gamberi, zenzero e cavolo per farcire crepes; ho riso della genialità dei pomi innevati, del suo remake di Adamo ed Eva, dei disguidi linguistici. Ho desiderato immergermi in enormi vasche di acqua profumata che sgorga da canne di bambù, sentire il caldo con il corpo a mollo mentre la neve si cristallizza sul viso, conoscere il francese e il giapponese. D’improvviso, pur conoscendo bene la biografia e le opere di Amélie Nothomb, ho realizzato che ha scritto “Igiene dell’assassino”, il suo strabiliante esordio, a soli 26 anni. E adesso mi sembra ancora più geniale. Ora dormo e domani vi racconto la storia senza svelare troppo. Un accenno per chi ancora non avesse letto il libro tradotto in italiano, come tutti gli altri di Amélie Nothomb, dalla casa editrice Voland.
La mattina è arrivata e riprendo a parlare del romanzo, uscito in Francia con Albin Michel nel 2007 e in Italia con Voland nel 2008 tradotto da Monica Capuani. In un caffè di Tokyo si incontrano i protagonisti, Amélie – anche se non viene mai scritto il suo nome, l’io narrante si riferisce a sé spesso con riferimenti biografici alla scrittrice Amélie Nothomb – e Rinri, studente universitario che ha risposto all’annuncio di lezioni private di francese. Amélie, tornata in Giappone da ventenne, dopo esservi nata e vissuta sino a cinque anni, pensa che il miglior modo per imparare il giapponese sia insegnare il francese. Oltre a frequentare un corso, s’intende. Siamo alla fine di gennaio del 1989. Il rapporto tra i due si trasforma presto in una bella amicizia. Attraverso la loro frequentazione e le loro gite scopriamo usanze e paesaggi del Giappone, spuntano fuori divertenti disguidi linguistici e culturali.
Da “Né di Eva né di Adamo” di Amélie Nothomb, Voland edizioni, 2008 (pag.19)
Contemplai la preparazione della pasta per le crepes, poi la cottura dell‘okonomiyaki. Quell’odore di cavolo, gamberi e zenzero che sfrigolavano insieme mi riportò indietro di sedici anni, all’epoca in cui la mia dolce governante Nishio-san mi cucinava amorevolmente lo stesso manicaretto, che non avevo più mangiato.
Tornare in Giappone suscita ricordi dell’infanzia, sapori e profumi custoditi dalla memoria riacquistano tutta la loro potenza evocativa. Tornare in Giappone da adulta significa viverlo in maniera nuova e più consapevole, scoprirlo con curiosità, amore e stupore; ma anche contrapporlo al Belgio, al suo cielo grigio e non blu come quello che sovrasta Tokyo. Tra Rinri e Amélie il rapporto si fa sempre più intenso ma solo alla fine capiremo come ognuno lo intendesse. Dopo strabilianti arrampicate di vette montuose e sensuali bagni in isole seducenti.