“La reputazione”, quando la calunnia scompagina la vita

Il libro della scrittrice e filosofa Ilaria Gaspari, Guanda editore, è ambientato nella Roma degli anni Ottanta

Una ragazza incompiuta, forse perché ancora troppo giovane o forse perché così rimarrà per sempre nel suo intimo, che non si decide a laurearsi in Filosofia dormendo sulla tesi, che non sa cosa fare della propria vita dopo che si è trasferita a Roma per inseguire un amore fasullo, finalmente trova la sua dimensione come commessa della boutique “Joséphine”, un angolo di Parigi nel cuore dei Parioli. La proprietaria, Marie-France, diventa la sua “pigmaliona” tirando fuori dal bozzolo la splendida farfalla che è Barbara, protagonista e voce narrante del nuovo romanzo della scrittrice e filosofa Ilaria Gaspari. Nella moda e nei suoi accessori, nella musica, nella cucina e persino nelle gomme da masticare si respirano gli anni Ottanta. Un aspetto che subito mi ha reso familiare il libro “La reputazione”, pubblicato da Guanda nella primavera del 2024. Ero piccola negli anni Ottanta ma ricordo benissimo canzoni e trend a cui sembrava necessario aderire per non trovarsi isolati.

L’autrice

Nata a Milano, Ilaria Gaspari ha studiato Filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e si è addottorata all’università Sorbonne di Parigi. Nel 2015 è uscito per Voland il suo primo romanzo, “Etica dell’acquario”, a cui è seguito per Sonzogno “Ragioni e sentimenti”. Per Einaudi ha pubblicato i saggi molto interessanti e con guizzo di ironia “Lezioni di felicità” e “Vita segreta delle emozioni”. Ilaria Gaspari collabora con diverse testate giornalistiche, realizza podcast letterari – ricordo quelli sulla “Recherche” di Marcel Proust e sulla tormentata figura di Ingeborg Bachmann –, conduce trasmissioni Rai e tiene corsi di scrittura alla Scuola Holden.

Il libro

“La reputazione” di Ilaria Gaspari, Guanda editore, accoglie il lettore nel microcosmo della boutique di Marie-France, bionda giunonica e affascinante dal passato misterioso, seduttiva nella gestualità e col suo accento francese. All’inizio la lettura si rivela piacevole e leggera, ma i riferimenti a una catastrofe futura gettano ombre sull’apparente vita raggiante e serena che è descritta anche con un pizzico di ironia. Il romanzo, quindi, va sempre più in profondità nella psiche e nelle sue dinamiche. Sono proprio le anticipazioni, inserite alla perfezione nella narrazione, a mantenere alta l’attenzione. Cosa mai sarà successo e soprattutto perché? Anche il racconto in prima persona – è la protagonista Barbara a raccontare la vicenda – contribuisce a una maggior presa sul lettore. Più che parlare Marie-France cinguetta, ha fiuto per gli affari, porta nel suo negozio esclusivo vestiti e accessori per le ragazzine oltre che per le donne benestanti. Una rivoluzione che le costerà cara.

Con il suo immenso rispetto per la moda, e per quello che la moda era per ciascuna delle sue clienti e amiche – un rito, un gergo, un sogno, un segreto che poteva rivelarsi solo a occhi comprensivi come i suoi –, ogni interpretazione dell’atto di vestirsi le appariva in potenza interessante, come a una vera studiosa. Eppure non approvava a pieno altro stile che il proprio.

Grande lavoratrice e amante delle feste organizzate con stile, Marie-France che tanto ha tenuto all’etichetta sarà colpita dalla calunnia che provoca una crepa sulla superficie immacolata della reputazione. Purtroppo non importa che le accuse sussurrate o gridate siano vere o false, il sospetto si posa come polvere scura e opprimente sullo splendore di un’attività e delle persone che ci lavorano. Il libro innesca quindi una riflessione sugli effetti della maldicenza, su quanto anche l’indifferenza, il non prendere posizione possa risultare fatale e innescare poi un senso di colpa. I personaggi, Barbara e le altre due commesse, la proprietaria Marie-France con la sua ossessione per la bellezza – e la sua inesorabile decadenza – e per la morte, e l’indecifrabile socio Giosuè, le loro bizzarre amiche, sono finemente caratterizzati, tanto da poter immaginarli davanti a noi come se stessimo guardando un film che alla fine ci dispiace debba finire.

Iniziavo a capire quanto in profondità fosse radicato in Marie-France il pensiero della morte, e quanto, specularmente, quell’assillo nutrisse il suo gusto per la moda, per la bellezza e il glamour, antidoto perfetto al dolore, alla paura, all’angoscia di scomparire, che la riempiva di sgomento.

Sono felice che Ilaria Gaspari sia tornata al romanzo perché la sua scrittura ha uno stile che amo leggere e un guizzo originale. Come spiega alla fine del libro nella nota dell’autrice, il romanzo è un’opera di fantasia, liberamente ispirata a un episodio avvenuto a Orléans nel 1969. Fatto che creò una leggenda metropolitana proprio nella Roma anni Ottanta.

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