Il Museo del cappero di Pantelleria svela i segreti di una coltivazione antica

In un’isola unica come Pantelleria, dominata dal nero lavico, dal blu del mare profondo e dal bianco brillante dei tetti dei dammusi, l’agricoltura è l’arte della perseveranza. Nei campi divisi dai muri a secco, che qui rispetto ad altre parti della Sicilia sono più scuri proprio per le origini vulcaniche dell’isola, si coltivano le piante di cappero i cui rami si allungano per oltre un metro, le viti ad alberello e gli olivi striscianti. I venti che la scompigliano nel Canale di Sicilia determinano l’insolita altezza delle colture. Boccioli preziosi come gemme, raccolti con cura, avvolti nel bianco del sale di Trapani, vengono rimestati fino a diventare i profumatissimi capperi di Pantelleria. C’è un luogo dove poter scoprire la storia e i segreti della coltivazione e lavorazione del cappero. Un dammuso dell’Ottocento è stato scelto dalla Bonomo & Giglio per realizzare il Museo del cappero a Pantelleria. Gli ambienti raccolgono utensili della vita domestica, attrezzi e strumenti usati per la coltivazione e poi la successiva lavorazione dei capperi. Appena arrivata noto la cisterna, in dialetto “a jsterna”, che raccoglieva l’acqua piovana, uno dei due modi – oltre a dissalare quella del mare – per ottenere acqua dolce in un’isola senza fiumi. Si entra quindi nel dammuso, con la tavola apparecchiata di porcellane e la cucina di fine Ottocento inizi del Novecento. Sulle pareti i pannelli, in italiano e in inglese, che spiegano con chiarezza tutto sui capperi. Se in natura ne esistono decine di diverse varietà raccolte in differenti Paesi del mondo, quello di Pantelleria dal 1993 ha ottenuto la certificazione Igp. Quattro elementi rendono unica la pianta Capparis Spinosa, varietà Inermis, cultivar Nocellara: la morfologia del terreno ricco di minerali, la particolarità del clima, la tipologia della varietà della pianta maggiormente diffusa sull’isola e la tecnica secolare di lavorazione nelle fasi di maturazione caratterizzata dall’uso del sale a secco.

La raccolta, spiega una guida appassionata, avviene a mano da fine maggio a fine agosto. Ad ogni giro di raccolta, si colgono boccioli piccoli, medi e grandi, che verranno successivamente divisi per grandezza. Ma, come ben narrato nel video che si può guardare proiettato in una stanza del museo, la raccolta non è che una fase della coltivazione del cappero che richiede le cure dell’uomo per tutto l’anno, dalla potatura alla lavorazione del terreno all’eliminazione, sempre a mano, di “erbacce”. Al sole e al vento, talvolta clemente altre dominante, si raccolgono i bottoni verdi prima che si aprano in fiori bianchi e setosi. Avendo visitato l’isola proprio a fine maggio, ho potuto vedere l’inizio della raccolta dell’oro verde di Pantelleria. Il Museo del cappero, realizzato con i patrocini del Comune di Pantelleria, del Parco Nazionale Isola di Pantelleria, della Regione Siciliana e della Camera di commercio di Trapani, è aperto tutti i giorni, tranne la domenica. Un’esperienza immersiva nella storia, negli aromi e nei sapori di un’isola unica al mondo, di una bellezza che spettina proprio come i venti che l’attraversano.

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