Ettore, figlio dello scrittore Luciano Bianciardi, ci ha lasciati
Caro Ettore, mi mancheranno le nostre chiacchierate, la tua ironia, il tuo sorriso. Ti conobbi a Bologna molti anni fa, forse addirittura quasi venti. Avevi organizzato degli incontri dedicati allo scrittore Luciano Bianciardi, tuo padre. Ti colpì che fossi venuta apposta da Grosseto e da lì siamo diventati amici. Mi dispiace non averti potuto salutare, l’ultima volta ci siamo sentiti per la nevicata sull’Amiata e i negozi dove si affittavano gli sci. Mi dispiace che tu non ci sia più. E mi sembra strano parlare di te non al presente. Ricorderò la tua schiettezza tipicamente maremmana, la tua capacità di rendere divertente ogni tuo racconto che fosse di un viaggio o di lavoro non importa.
Caro Ettore, ti ringrazio per la tua amicizia; ti ringrazio perché quando ti chiesi di scrivere dei ricordi sull’alluvione del 4 novembre 1966 a Grosseto lo facesti subito, con generosità e con un’abilità di scrittura che probabilmente ti apparteneva per il Dna. Avevi da ridire su molto, e quindi non mi dilungo, altrimenti chissà cosa dirai di questa mia lettera immaginaria.
Figlio di Adria Belardi e Luciano Bianciardi, Ettore era nato a Grosseto il 17 ottobre del 1949. L’ingegnere abitava con la moglie a Bologna. Del padre scrittore aveva ereditato l’ironia e la grande passione per la letteratura.
Un brano tratto dal testo di Ettore Bianciardi per il mio libricino ”Grosseto nel fango. L’alluvione dei dimenticati”, Laurum editrice, 2016.
Il mondo degli oggetti di Grosseto, da quel giorno, si divise in due categorie: la roba buona e la roba alluvionata. La roba alluvionata era quella rimasta sotto l’acqua e il fango per quattro giorni, venderla era diffi cile, bisognava regalarla o quasi, e la gente diventò tremendamente sospettosa: «Non sarà mica alluvionata eh?» chiedevano le donne quando il prezzo sembrava conveniente. La città era diventata una cosa allucinante, passavo con i miei stivali che il Camarri in via San Martino mi aveva venduto ? era l’ultimo paio, ma conosceva bene mia nonna ? vedevo da ogni negozio tirar fuori fango e merce varia, appunto alluvionata: dovevi stare attento, perché i negozianti, un po’ infuriati, la gettavano fuori con violenza, perché invendibile, delusi dal mancato guadagno, anzi dalla sicura perdita. Qua e là qualcuno rovistava tra la merce alluvionata, a cercare qualcosa di utilizzabile. Ricordo di aver portato a casa tanti quaderni ancora nuovi, ma macchiati dal fango e gonfiati dall’acqua; dappertutto c’era uno schifoso puzzo di marcio, era come se la città fosse stata contaminata da un morbo subdolo e atroce. Andai in Comune e lì dopo pochi minuti mi mandarono a pulire dal fango l’ufficio postale del Corso, proprio davanti alla casa del vescovo. Eravamo in quattro o cinque e dopo un paio d’ore l’ufficio, lungo e stretto, era ormai pulito, ma il direttore, forse perché voleva far bella figura, continuava a buttare secchi d’acqua sotto gli scaffali, dicendo che c’era ancora tanto fango, da scaricare giù per il Corso. All’ora di pranzo salutai, e nel pomeriggio andai alla bibliotecaChelliana, in via Mazzini. Andavo spesso lì a leggere e a prendere in prestito libri: c’era ancora il vecchio Gentili e mi sembra anche il povero Bruno Pellicci, di sicuro c’era il direttore, Aladino Vitali, sempre burbero e imbronciato. Mi portò di là nelle stanze degli scaffali, dove non ero mai entrato, ma da dove il vecchio Gentili compariva, curvo nei suoi anni con in mano il libro che avevo chiesto. Ora potevo finalmente vedere i libri nella loro collocazione: quelli dei piani più bassi degli scaffali erano tutti gonfi di acqua e fango e puzzavano terribilmente. Dovevamo tirarli fuori uno per uno, staccare le pagine che si erano appiccicate, facendo bene attenzione a non romperle e metterli appesi a fili tesi in mezzo alla sala di lettura, come fossero panni stesi ad asciugare. Restai molto tempo alla Chelliana, mi sentivo utile a qualcosa, ci tornai anche in primavera, per continuare il lavoro fatto. Di me alcuni sentenziarono che avevo ripetuto quello che aveva fatto mio padre nel ‘44, ma io neanche lo sapevo.
Marcello Pagliai narra con amore uno spaccato di vita contadina
Un libro spesso appassiona perché ci ritroviamo qualcosa di noi: un luogo a cui siamo affezionati, emozioni o situazioni che abbiamo sperimentato, un vezzo del comportamento. Leggendo “Il bimbo di Fatini. Uno spaccato di vita contadina del ventesimo secolo” di Marcello Pagliai, Edizioni Heimat, mi sono tornati in mente ricordi dei miei bisnonni, quando la sera nella campagna maremmana si stava a veglia. Sono memorie affettive narrate col cuore quelle che scorrono tra le pagine disegnando un’epoca che non esiste più. Ma non è sulla malinconia che punta il racconto bensì sulla gioia del rievocare. Lo spunto per scrivere questo testo autobiografico è arrivato a Pagliai dall’associazione culturale Lettera appenninica della montagna pistoiese che lo aveva invitato a mettere insieme una piccola storia su Fatini, podere dove l’autore aveva trascorso l’infanzia.
Intorno agli anni Cinquanta del ‘900, nella montagna sopra Spignana c’era un brulichio di gente; specialmente d’estate era un’armonia di suoni: dal vocio delle persone ai campani delle pecore al pascolo, al tintinnio delle bronzine… al canto degli uccelli… Il fruscio ritmico delle falci fienaie.
Pagliai (nella foto di Maurizio Panerati) descrive mestieri che adesso fanno in pochi o che non esistono più come i loro attrezzi. Senza televisione, le serate trascorrevano fra racconti e letture ad alta voce, nel filare della nonna, nel fuso della zia.
Un’epoca che non è poi così lontana nel tempo ma che è decisamente differente dal nostro quotidiano. Si rammendavano, anziché buttare, i vestiti sciupati. L’alimentazione era davvero a km zero. Legumi e verdure dell’orto, frutti di stagione del podere. E questo valeva anche per le carni. Una vita decisamente più ecosostenibile, in cui per divertirsi bastava poco.
A quei tempi non usava comperare la frutta a parte qualche limone e i mandarini a Natale.
L’autore racconta con amore luoghi del Pistoiese e scene in cui altri lettori potranno specchiarsi. Laureato in Scienze Agrarie alla Scuola Sant’Anna di Pisa, Marcello Pagliai è stato ricercatore del CNR a Pisa e poi direttore dell’Istituto sperimentale per lo studio e la difesa del suolo del ministero dell’Agricoltura e del Centro di ricerca e la sperimentazione in Agricoltura a Firenze. È accademico dei Georgofili. L’amore per i libri, appreso da babbo e mamma, lo accomuna alla moglie Giuliana e lo porta a presentare testi sempre diversi nelle estati di Montemassi, altro luogo del cuore. In questo libro autobiografico che io leggo come un elogio della semplicità si trovano tanti spunti di riflessione.
Il nuovo avvincente libro della scrittrice Petri è pubblicato da Transeuropa edizioni
Nelle atmosfere seducenti di Ankara si apre il nuovo romanzo di Cinzia Petri, “Io sono figlia unica”, pubblicato da Transeuropa edizioni. Libro avvincente, che tiene alta la curiosità del lettore fino all’ultima pagina, quando si rimane spiazzati. Amelia è la moglie di Cosimo, impiegato al consolato italiano nella capitale turca.
Ero costretta ad agire in un raggio limitato, in quegli ambienti, nella scontatezza dei riti sociali.
La donna mostra un’intolleranza verso i “sorrisi di plastica” delle persone che è tenuta a frequentare, fugge appena può, le basta rifugiarsi nella toilet per mettersi in salvo da feste piene di “matrone incartate nell’adipe” e ragazzine che si affannano intorno agli uomini di potere. Amelia non sembra gelosa della propensione del brillante marito ad avere storie extraconiugali, addirittura diventa amica di una sua amante, Adalet. Del resto è quella più simpatica. Quel mondo di hammam piastrellati di mosaici, tè nero servito in bicchieri a forma di tulipano, di gustosi datteri neri, caffè turco e tazze di tè al gelsomino servito su vassoi d’argento, deve essere abbandonato all’improvviso. Uno scandalo provocato dalle scappatelle di Cosimo li riporta a Roma. La città è tratteggiata dalla scrittrice in maniera appassionata, per emozioni più che per descrizioni. Forse all’inizio è solo per sfuggire alla noia che Amelia si invaghisce di una casa, che poi scoprirà chiamarsi Villa Verde. Proprio lì vorrebbe andare ad abitare, qualcosa di quella bellezza decadente la attrae in maniera potente. Adalet, con gioia di entrambi i coniugi, li raggiunge a Roma e accompagna Amelia in una sorta di indagine per scoprire chi sia il proprietario della villa ma soprattutto come fare a contattarlo. Il romanzo assume una connotazione investigativa, tenendo elevata la tensione e coinvolgendo il lettore nella caccia all’indizio. Lungo questo percorso di ricerca, tra sigarette fumate troppo in fretta e cocktail di prima mattina, l’amicizia tra Amelia e Adalet sembra incrinarsi, il passato riemerge definendo meglio la propria identità nel presente. Quel viaggio a ritroso nella vita del proprietario della Villa, che diventa protagonista del racconto più che semplice luogo, conduce a scoperte inaspettate.
La scrittrice Cinzia Petri sonda l’animo umano con parole intense, narra con ironia e leggerezza, intesse sogni a occhi aperti nella trama del romanzo, come ricami preziosi e rivelatori.
La scrittrice Cinzia Petri (foto di Maurizio Panerati)
Così vanno le cose, la vita ci insegue per le vie più impervie.
È ambientato durante il primo lockdown del 2020 che ha sconvolto le vite di tutto il mondo ma non ne fa una cronaca. Di quel periodo, che ancora dobbiamo gettarci alle spalle, emergono gli spazi vuoti, le ansie, il virtuale che sostituisce la presenza nelle relazioni sociali, le serate davanti alla tv anziché fuori con gli amici. Il nuovo romanzo del giornalista e scrittore Riccardo Bruni, “Chiusa nel buio”, ci porta poco fuori Siena, sul limitare del bosco, dove Giulia e Andrea vivono in un casolare ultra moderno in campagna. La domotica da opportunità tecnologica assume sempre di più, nel corso della narrazione, connotazioni inquietanti: serve a controllare, spiare, manipolare gli altri. Giulia, la protagonista di “Chiusa nel buio”, è costretta a non uscire già da prima dell’arrivo della pandemia, a causa di una gravidanza a rischio. Le sue giornate sono scandite da programmi televisivi, chiacchierate virtuali con il suo amico Edo che si sta occupando di un progetto fotografico, qualche lezione online e respirazioni diaframmatiche anti ansia. Di fronte – all’interno dello stesso casolare ma in un appartamento staccato – vive Teresa, studentessa universitaria. Spesso la osserva da dietro la tenda. È un modo per ingannare il tempo che sembra non passare mai, chiusa in casa mentre il fidanzato è fuori a lavorare. Ma un giorno Teresa scrive a Giulia un messaggio per dirle che tornerà a casa dei suoi genitori in Puglia. Infatti l’università è chiusa come pure il pub dove lavorava per mantenersi. Dopo la partenza, però, nessuno sa più niente di lei. Teresa è scomparsa. Interviene la Polizia, che non esclude un allontanamento volontario. Giulia, però, nutre dei sospetti e insieme a Edo e a Valentina, amica stretta di Teresa, cerca di scoprire la verità. Terribili rivelazioni la attendono in un crescendo di suspense, in cui la domotica gioca un ruolo fondamentale. Nel libro ci sono anche Zeus, il cane di Giulia, e un simpatico gatto rosso.
Lo scrittore Riccardo Bruni
Dopo la trilogia dell’avvocato Berni, con questo libro Bruni ritorna al thriller, ancora una volta pubblicato da Amazon Publishing. Il romanzo è disponibile in formato cartaceo e digitale.
Titolo: Chiusa nel buio Autore: Riccardo Bruni Casa editrice: Amazon Publishing, 2022 Prezzo di copertina: cartaceo € 9,99 ; ebook € 4,99
Il romanzo “Né di Eva né di Adamo”, Voland, seduce con le sue peripezie sentimentali e linguistiche in Giappone
Abbraccio il cuscino e piango sdraiata sopra al libro che ho appena finito di leggere. È notte, l’una e mezza, e una frase dell’ultima pagina mi ha riempito gli occhi di lacrime. Una frase che non scrivo perché potrei rovinare il finale a chi non ha letto “Né di Eva né di Adamo” di Amélie Nothomb. Come è possibile che non lo avessi ancora letto? Ero convinta di avere tutti i romanzi di Amélie, che adoro, perfino due racconti difficilmente trovabili. Potrei aspettare domani per scrivere in maniera più precisa e razionale di questo libro meraviglioso. Leggendolo mi è sbocciato il desiderio improvviso di visitare il Giappone; ho comprato gamberi, zenzero e cavolo per farcire crepes; ho riso della genialità dei pomi innevati, del suo remake di Adamo ed Eva, dei disguidi linguistici. Ho desiderato immergermi in enormi vasche di acqua profumata che sgorga da canne di bambù, sentire il caldo con il corpo a mollo mentre la neve si cristallizza sul viso, conoscere il francese e il giapponese. D’improvviso, pur conoscendo bene la biografia e le opere di Amélie Nothomb, ho realizzato che ha scritto “Igiene dell’assassino”, il suo strabiliante esordio, a soli 26 anni. E adesso mi sembra ancora più geniale. Ora dormo e domani vi racconto la storia senza svelare troppo. Un accenno per chi ancora non avesse letto il libro tradotto in italiano, come tutti gli altri di Amélie Nothomb, dalla casa editrice Voland.
La mattina è arrivata e riprendo a parlare del romanzo, uscito in Francia con Albin Michel nel 2007 e in Italia con Voland nel 2008 tradotto da Monica Capuani. In un caffè di Tokyo si incontrano i protagonisti, Amélie – anche se non viene mai scritto il suo nome, l’io narrante si riferisce a sé spesso con riferimenti biografici alla scrittrice Amélie Nothomb – e Rinri, studente universitario che ha risposto all’annuncio di lezioni private di francese. Amélie, tornata in Giappone da ventenne, dopo esservi nata e vissuta sino a cinque anni, pensa che il miglior modo per imparare il giapponese sia insegnare il francese. Oltre a frequentare un corso, s’intende. Siamo alla fine di gennaio del 1989. Il rapporto tra i due si trasforma presto in una bella amicizia. Attraverso la loro frequentazione e le loro gite scopriamo usanze e paesaggi del Giappone, spuntano fuori divertenti disguidi linguistici e culturali.
Da “Né di Eva né di Adamo” di Amélie Nothomb, Voland edizioni, 2008 (pag.19)
Contemplai la preparazione della pasta per le crepes, poi la cottura dell‘okonomiyaki. Quell’odore di cavolo, gamberi e zenzero che sfrigolavano insieme mi riportò indietro di sedici anni, all’epoca in cui la mia dolce governante Nishio-san mi cucinava amorevolmente lo stesso manicaretto, che non avevo più mangiato.
Tornare in Giappone suscita ricordi dell’infanzia, sapori e profumi custoditi dalla memoria riacquistano tutta la loro potenza evocativa. Tornare in Giappone da adulta significa viverlo in maniera nuova e più consapevole, scoprirlo con curiosità, amore e stupore; ma anche contrapporlo al Belgio, al suo cielo grigio e non blu come quello che sovrasta Tokyo. Tra Rinri e Amélie il rapporto si fa sempre più intenso ma solo alla fine capiremo come ognuno lo intendesse. Dopo strabilianti arrampicate di vette montuose e sensuali bagni in isole seducenti.
Il festival presenta tre nuove iniziative: Capalbio Kids, Capalbio Talks e Capalbio Salute
La scrittrice Edith Bruck martedì 27 luglio ha ufficialmente aperto la quindicesima edizione di Capalbio Libri con la presentazione del suo ultimo libro “Il pane perduto” (La nave di Teseo), con cui ha vinto il Premio Strega Giovani 2021. Edith Bruck ha raccontato la sua tragica esperienza. “Se sono sopravvissuta, avrà pure un senso, no?”. E il senso lo ritroviamo nel suo racconto, per non dimenticare ma soprattutto affinché nessuno dimentichi la Shoah.
Il Festival Capalbio Libri compie 15 anni, accogliendo fino al 3 agosto in piazza della Repubblica a Borgo Carige importanti nomi del panorama culturale italiano, insieme a un pubblico vivace e appassionato di lettori e lettrici. Il festival sul piacere di leggere è ideato e diretto da Andrea Zagami, organizzato dall’agenzia di comunicazione Zigzag, in collaborazione con la Fondazione Capalbio e promosso dall’associazione “Il piacere di leggere“. Protagonisti delle serate tanti nuovi titoli e ospiti, tra autori, conduttori e relatori. L’ingresso è libero e non è necessario prenotarsi per partecipare. Sono assicurate tutte le misure previste dalla legge per la prevenzione sanitaria. Da questa stagione il festival offre anche delle novità, arricchendo la manifestazione con tre nuove iniziative: Capalbio Kids, una serie di appuntamenti interamente dedicati ai più piccoli; Capalbio Talks, un nuovo format per discutere e conoscere quello che ci appassiona; Capalbio Salute, incontri dedicati al benessere e alla prevenzione e un premio per la ricerca intitolato alla memoria della giornalista Rai Isabella Mezza.
Mercoledì 28 luglio alle 19.30 Luca Ricci presenta il suo libro “Gli estivi” (La Nave di Teseo) con Angelo Cennamo; letture di Eugenio Bellini. Mentre alle 21.30 a salire sul palco di Capalbio Libri sarà Michele Santoro, autore de “Nient’altro che la verità” (Marsilio). Anche giovedì 29 luglio doppio appuntamento: alle 19.30Gabriele Romagnoli e “Cosa faresti se” (Feltrinelli). Mentre alle 21.30 si terrà uno dei Capalbio talks: “Per Gemma tanti bel cose per 93. Un baccio da Niki” con Lorenza Pieri e Giulia Rinaldi, conduce Ivana Agostini; letture di Marta Mondelli. Si parlerà dell’artista Niki de Saint Phalle partendo dal romanzo di Lorenza Pieri, “Il giardino dei mostri” (edizioni e/o). Venerdì 30 luglio alle 19.30 il festival ospita Andrea Albertini e “Una famiglia straordinaria” (Sellerio), che sarà intervistato da Bruno Manfellotto; letture di Michela Tamburrino. Mentre alle 21.30 sarà presentato il libro “Mario Draghi. Il ritorno del Cavaliere bianco” di Roberto Napoletano. Sabato 31 luglio alle 21.30 la giornalista Giovanna Pancheri con “Rinascita americana” (Sem); conduce Mariolina Sattanino, letture di Marta Mondelli. Domenica 1 agostoPaola Pilati con il suo libro “I generalissimi” (Luiss University Press). Lunedì 2 agosto alle 19.30 Capalbio Talks: Dialogo tra un filosofo e una attivist? Lgbt. Mentre alle 21.30 sul palco salirà Alessandro Sallusti.
Per l’ultima serata del 3 agosto è attesa, alle 19.30 la scrittrice Teresa Ciabatti con il suo romanzo “Sembrava bellezza” (Mondadori). Infine alle 21.30 Capalbio Talks: I borghi della Maremma.
Marta Mondelli durante una lettura sul palco (foto di Flavia Cartonicchi)
La vida es sueño. È il sogno il tema della quinta edizione de “La Lettrice”. Il giardino di Casa Rossa Ximenes, a Castiglione della Pescaia, ospiterà la rassegna che ha per protagonista l’attrice Sara Donzelli. Cinque gli appuntamenti in programma, sempre di lunedì alle 21.30, con la cura scenica di Giorgio Zorcù: il 19 e il 26 luglio; il 2, il 23 e il 30 agosto. L’ingresso è gratuito ma è obbligatoria la prenotazione: si può telefonare allo Iat (ufficio informazioni accoglienza turistica) di Castiglione della Pescaia al numero 0564.933678 oppure inviare una email a uno dei seguenti indirizzi di posta elettronica: casa.ximenes@comune.castiglionedellapescaia.gr.it; iat@comune.castiglionedellapescaia.gr.it. La rassegna, opera dell’Accademia Mutamenti, è organizzata con il sostegno del Comune di Castiglione della Pescaia. Una proposta intima che nelle passate edizioni ha stregato il pubblico di tutte le età, una sosta di un’ora immersi nella natura e nell’ascolto. Ogni serata è unica e prende vita attraverso le parole di grandi autori, la maestria della voce e del gesto di Sara Donzelli, il lieve gioco di luci e musiche che incorniciano l’evento nel luogo incantato della riserva naturale della Diaccia Botrona. Il fil rouge degli incontri di quest’anno è il sogno. Si inizia lunedì 19 luglio alle 21.30 con una serata dedicata ai racconti e alle poesie di Margaret Atwood. Poetessa e scrittrice canadese, Atwood è una delle autrici viventi più prolifiche e premiate. Le sue opere testimoniano una profonda preoccupazione per la civiltà occidentale e per la degenerazione della politica; al centro ci sono le questioni ambientali e la sopraffazione maschile. La sua narrativa si presenta in una veste tormentata e visionaria, non priva di spiragli di ottimismo, e sempre venata di ironia.
L’appuntamento di lunedì 26 luglio sarà dedicato a “La metamorfosi” di Kafka, famoso racconto in cui il commesso viaggiatore Gregor Samsa un mattino si sveglia trasformato in un ripugnante scarafaggio. Non è un sogno ma la realtà.
Il 2 agosto sarà la volta di una riduzione de “Il pranzo di Babette” di Karen Blixen, tra le più grandi scrittrici del Novecento. In un piccolo villaggio della Norvegia i sogni di due sorelle puritane sono stati soffocati dalle regole. Un giorno si presenta alla loro porta una signora francese, Babette Hersant, fuggita da Parigi perché accusata di essere una rivoluzionaria. Crollati i suoi ideali, vive da esule ma il suo potere visionario trionfa. Con la riscossione di una grossa vincita di denaro farà allestire un pranzo da sogno. Una comunità frustrata riscoprirà la gioia di vivere.
Il 23 agosto la voce di Sara Donzelli ripercorrerà “Le notti bianche” di Dostoevskji, la storia di un giovane sognatore e della ragazza che risveglia in lui l’amore, appiglio alla realtà. La lettura sarà accompagnata da alcune immagini tratte dal film omonimo di Luchino Visconti, con Marcello Mastroianni e Maria Schell, girato in notturna tra i canali di Livorno.
L’ultimo appuntamento, il 30 agosto, ci condurrà tra le pagine del romanzo “Nives” di Sacha Naspini, autore grossetano tradotto in tutto il mondo, ambientato in una Maremma stralunata e feroce.
Venerdì 25 e sabato 26 giugno passeggiate letterarie e presentazioni di libri sulle Mura medicee
“Leggere cambia tutto” è il suo motto. Leggere trasforma gli orizzonti, arricchisce anima e mente, porta con sé nuovi punti di vista, tiene lontano – almeno per un po’ – le preoccupazioni o i pensieri ricorrenti. Leggere fa sognare, evadere, ridere, riflettere, commuovere, mangiare le unghie per la paura, aiuta a comprendere la realtà, a crearsi una opinione personale sui fatti. Ognuno ha il proprio rapporto con la lettura, i suoi generi preferiti, gli autori amati. Ma i lettori sono troppo pochi. E il progetto “La città dei lettori” cerca di arrivare anche a chi non sembra troppo interessato ai libri. Siamo abituati a vedere come scenario del festival “La città dei lettori” il Duomo di Firenze visto dall’alto, dai giardini di villa Bardini. Ma l’edizione 2021 è la prima diffusa poiché abbraccia anche altri territori toscani. Si è iniziato a Pontassieve il 18 e 19 giugno e si prosegue a Grosseto venerdì 25 e sabato 26 giugno, per poi approdare a Montelupo Fiorentino (1 e 2 luglio), Villamagna (10 e 11 luglio), Sesto Fiorentino (14 e 15 luglio), Arezzo (23 e 24 luglio), Firenze (dal 26 al 29 agosto), Calenzano (dal 2 al 4 settembre), per finire il 10 e 11 settembre a Bagno a Ripoli.
“La città dei lettori” arriva in Maremma con “Grosseto dei lettori”, per un doppio appuntamento, il 25 e 26 giugno al Baluardo Mulino a vento delle Mura medicee. La manifestazione dedicata al libro e alla letteratura è ideata e curata dall’associazione Wimbledon Aps, con la direzione di Gabriele Ametrano, la collaborazione e il contributo di Fondazione Cr Firenze e Fondazione Parchi monumentali Bardini e Peyron e il supporto di Unicoop Firenze, Ied Firenze e Cesvot. “Grosseto dei lettori” è realizzato anche grazie alla collaborazione di Fondazione Grosseto Cultura, Polo culturale Le Clarisse, Fondazione Polo universitario Grosseto, associazioni Uscita di sicurezza, Le Mura, Clan, e al patrocinio del Comune di Grosseto.
«Questa prima edizione di Grosseto dei lettori – spiega Gabriele Ametrano, direttore de La città dei lettori – è fondamentale per il legame che il progetto La città dei lettori e l’associazione Wimbledon Aps vogliono stringere con le città virtuose nelle pratiche di promozione alla lettura . Grosseto è Città che legge, riconoscimento nazionale del lavoro svolto da tutti i soggetti istituzionali e privati affinché i libri e la lettura siano al centro delle azioni culturali cittadine. Ci uniamo a questo lavoro con il nostro festival e le nostre pratiche culturali, iniziando un percorso di collaborazione e promozione letteraria che possa portare la città e il suo pubblico al centro della scena culturale italiana».
«La presenza, fortemente voluta e sostenuta, dell’evento La città dei lettori a Grosseto – dichiarano il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna e il vicesindaco e assessore alla Cultura, Luca Agresti – è la dimostrazione della grande rilevanza che la letteratura sta assumendo nella nostra offerta culturale. Oltre all’adesione di Grosseto a Città che legge e al recupero della biblioteca Chelliana, adesso possiamo offrire per la prima volta in assoluto la tappa di un evento che sempre più sta assumendo rilevanza nazionale. Possiamo garantire l’impegno di tutti noi per far diventare Grosseto dei lettori un appuntamento annuale».
«La città dei lettori a Grosseto è uno degli eventi principali della nostra stagione culturale – dichiarano il presidente di Fondazione Grosseto Cultura, Giovanni Tombari, e il direttore del Polo culturale Le Clarisse, Mauro Papa – ed è ancor più significativo il fatto che si realizzi in questo momento di auspicabile e simbolica rinascita dopo la pandemia. Per l’occasione abbiamo voluto che questo evento rientrasse all’interno del progetto “Il lavoro culturale” dedicato a Luciano Bianciardi nel cinquantennale della scomparsa: un grande appuntamento che ci auguriamo incontri il favore e la partecipazione del pubblico, in una sede splendida come le Mura».
Vediamo insieme il programma. Si inizia venerdì 25 giugno alle 17 con Io Leggo! lo spazio dedicato ai bambini e ai ragazzi dai 9 ai 18 anni, e con Dante, l’amore e l’amicizia, a cura di Kleiner Flug. All’appuntamento, curato da Teresa Porcella in collaborazione con l’Associazione Scioglilibro, saranno presenti gli autori Alessio D’Uva, Filippo Rossi e l’illustratrice Angelica Regni. In programma, sempre alle 17, Pietro Trellini e il suo Danteide (Bompiani). Il lavoro di Trellini ci porta a Ravenna, nel 1865, quando due manovali trovano una cassetta di legno che presenta sul coperchio la scritta “Dantis Ossa”. La scoperta muove una città intera e un vortice di persone inizia a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di Dante. L’autore ne parlerà con il giornalista Alfredo Faetti. Si prosegue, alle ore 17.30, con Paesaggi letterari: un progetto, a cura di Serena Jaff e Francesca Ciappi, nato per far conoscere i luoghi della città a chi partecipa al festival in compagnia di guide specializzate e di un autore del programma. L’appuntamento prevede una passeggiata con Sacha Naspini e la sua opera “Le Case del malcontento” (Edizioni E/O). Alle 18 Gabriele Sabatini e il suo Numeri uno (Minimum Fax): Buzzati, Pavese, Ginzburg, Morante, Lucentini, De Céspedes, Parise, Cassola sono gli scrittori protagonisti di questo libro. Attraverso le lettere, i diari, gli articoli di giornale, il libro racconta le fonti di ispirazione, il processo di scrittura, le trattative fra editore e autore, ma anche il lavoro di editing, passando così dal tavolo del narratore a quello dell’editore e del critico. L’autore dialogherà con Luca Starita. La giornata si concluderà alle 19 con la Lectio “Il lavoro culturale” di Nicola Lagioia, scrittore Premio Strega nel 2015, direttore del Salone internazionale del libro di Torino.
Sabato 26giugno torna, alle 17, l’appuntamento con Io Leggo! spazio dedicato ai bambini e ai ragazzi dai 5 agli 11 anni: al centro dell’incontro la lettura interattiva di Monsieur Magritte (LibriVolanti) di e con Lilith Moscon e Francesco Chiacchio. Fra le iniziative, alle 17, anche l’incontro “Il lavoro culturale” della casa editrice Effequ: tre autori, tre libri pubblicati dalla casa editrice fiorentina ne sono i protagonisti. Per primo Fabrizio Acanfora e In altre parole (Effequ), un dizionario emotivo che ha lo scopo non di spiegare il significato letterale di alcuni termini, ma di mostrare le conseguenze che il linguaggio ha sulla visione della diversità. E ancora Vera Gheno e Femminili singolari (Effequ): nel libro la scrittrice affronta e smonta le convinzioni linguistiche degli italiani “rintracciandone l’inclinazione irrimediabilmente maschilista”. Per chiudere, Luca Starita e Canone ambiguo (Effequ), dove l’autore si serve delle teorie queer per smascherare i lungamente velati silenzi di chi, attraverso i propri testi, e mai in modo esplicito, ha cercato di esprimere l’orientamento sessuale, la libertà di genere o più semplicemente la possibile esistenza fuori dalla norma. Segue, alle 17.30, Paesaggi letterari: in programma una passeggiata nel centro cittadino in collaborazione con l’Associazione Art Clan.
La scrittrice Vera Gheno
Alle 18 sarà la volta di Giulia Bignami e del suo esilarante libro “La zattera astronomica” (Baldini+Castoldi) in cui racconta la sua strabiliante infanzia con due genitori astrofisici. I ricordi sono incentrati sul padre Giovanni Bignami, scomparso nel 2017, che è stato accademico, divulgatore scientifico, presidente della Agenzia Spaziale italiana. Affiancherà Giulia Bignami la giornalista Irene Blundo. A seguire, alle 18.30, Massimiliano Parente e Giorgio Vallortigara introdurranno “Lettere dalla fine del mondo” (La Nave di Teseo), dove l’irriverente e disincantato stile di Parente si unisce allo sguardo limpido e pacato del neuroscienziato Vallortigara, arrivando a un dialogo pieno di ironia e di sottigliezze, capace di sollevare domande significative e, al tempo stesso, di lanciare inedite provocazioni al lettore.
Il direttore del festival La città dei lettori, Gabriele Ametrano, con la giornalista Irene Blundo
La manifestazione è stata pensata e organizzata per consentirne la fruizione in tutta sicurezza. Tutti gli appuntamenti sono a ingresso gratuito (fino a esaurimento posti – non occorre prenotazione) e sarà garantito il rispetto delle misure anti Covid. Dopo Grosseto, seconda tappa della rassegna letteraria dopo Pontassieve, “La Città dei Lettori”, che partecipa attivamente e condivide i valori del Patto della Lettura della Regione Toscana e dei Comuni del territorio per la promozione letteraria, prosegue con altre sette tappe toscane fino a settembre, mantenendo comunque il suo cuore a Firenze, a Villa Bardini. Oltre a essere uno dei primi eventi letterari italiani plastic free, “La città dei lettori” si tinge di verde con il progetto “La foresta dei lettori” creato in collaborazione con Treedom, che ha l’obiettivo di abbattere la produzione di anidride carbonica.
La dozzina, in cui la maggior parte degli scrittori vorrebbe stare, è stata annunciata. Lo Strega ha i suoi dodici finalisti. Il Comitato direttivo del Premio – composto da Pietro Abate, Valeria Della Valle, Giuseppe D’Avino, Ernesto Ferrero, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Helena Janeczek, Melania G. Mazzucco, Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine – si è riunito per scegliere i dodici candidati tra i sessantadue titoli di narrativa proposti quest’anno dagli Amici della domenica. Il Premio è promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Liquore Strega con il contributo di Camera di Commercio di Roma e in collaborazione con Bper Banca e con Ibs.it, sponsor tecnico.
Questa la dozzina della LXXV edizione:
Andrea Bajani, Il libro delle case (Feltrinelli) – proposto da Concita De Gregorio; Edith Bruck, Il pane perduto (La nave di Teseo) – proposto da Furio Colombo; Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita (Ponte alle Grazie) – proposto da Franco Buffoni; Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani) – proposto da Giuseppe Montesano; Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza (Mondadori) – proposto da Sandro Veronesi; Donatella Di Pietrantonio, Borgo Sud (Einaudi) – proposto da Nadia Fusini; Lisa Ginzburg, Cara pace (Ponte alle Grazie) – proposto da Nadia Terranova; Giulio Mozzi, Le ripetizioni (Marsilio) – proposto da Pietro Gibellini; Daniele Petruccioli, La casa delle madri (TerraRossa) – proposto da Elena Stancanelli; Emanuele Trevi, Due vite (Neri Pozza) – proposto da Francesco Piccolo; Alice Urciuolo, Adorazione (66thand2nd) – proposto da Daniele Mencarelli; Roberto Venturini, L’anno che a Roma fu due volte Natale (SEM) – proposto da Maria Pia Ammirati. «Fra i sessantadue titoli proposti — sottolinea Melania G. Mazzucco, presidente del Comitato direttivo — abbiamo notato il ricorrere della distopia e dell’autobiografia, e una generale diffidenza nel romanzo di intreccio e di genere. Le autrici e gli autori prescelti rappresentano più generazioni, con un’escursione anagrafica agli estremi di ben sessantatré anni. Nella maggioranza però sono nati negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. I titoli selezionati nel 2021 raccontano per la maggior parte storie legate al vissuto personale dell’autrice o dell’autore, al suo mondo privato e prossimo (amici, parenti, conoscenti), e alla geografia locale, provinciale, talvolta rionale. In qualche caso questo vissuto incrocia la grande storia, più spesso si tratta invece di microstorie intime. Sono storie di famiglie, dominano le figure delle madri – spesso anaffettive, furiosamente antagoniste – e delle sorelle, mentre i padri sono quasi assenti, sgraditi, superflui o silenziati. Sono storie di bambine senza infanzia, adolescenti solitarie o emarginate. Il sentimento dell’esclusione sociale e del rancore incendia alcuni di questi libri. Sono storie di testimonianza, di vita vissuta o prossima. Sono storie domestiche, nelle quali la casa – abitata, posseduta, perduta, occupata, infestata di oggetti – diventa personaggio. Nell’anno del confinamento nelle mura domestiche o nelle mura metaforiche dei nostri confini nazionali, è certo una coincidenza non casuale». I libri candidati saranno letti e votati da una giuria composta da 660 aventi diritto. Ai voti degli Amici della domenica si aggiungono quelli espressi da studiosi, traduttori e appassionati della nostra lingua e letteratura selezionati dagli Istituti italiani di cultura all’estero, lettori forti scelti da librerie indipendenti distribuite in tutta Italia, voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura, tra i quali i circoli istituiti dalle Biblioteche di Roma. I libri in gara concorreranno inoltre alla VIII edizione del Premio Strega Giovani e saranno letti e votati da una giuria composta da 600 studenti provenienti da scuole secondarie superiori in Italia e all’estero. Il comitato direttivo del Premio ha ritenuto che, per i temi trattati, il romanzo Le ripetizioni di Giulio Mozzi (Marsilio) sia adatto esclusivamente a un pubblico di adulti, pertanto non concorrerà al Premio Strega Giovani. A giugno gli autori candidati e finalisti alla LXXV edizione del Premio Strega saranno ospiti di festival e manifestazioni culturali in tutta Italia. La prima votazione, che selezionerà la cinquina dei finalisti, si terrà giovedì 10 giugno, mentre l’elezione del vincitore si svolgerà giovedì 8 luglio. Tutti gli eventi saranno realizzati nel rispetto dei protocolli anti-covid 19 previsti dalle normative in vigore. L’immagine che accompagna la LXXV edizione del Premio Strega è stata realizzata dal disegnatore Lorenzo Mattotti.
Bestseller internazionale scritto da James Bowen, che racconta il suo rapporto unico con un gatto straordinario
Ho finito di leggere il libro e ho guardato quando è stato pubblicato per la prima volta: 2012. Di solito parlo di romanzi appena pubblicati o che stanno per uscire, non stavolta. Durante queste festività natalizie atipiche, vissute con le modalità che la pandemia impone, ho letto “A spasso con Bob” – titolo originale “A Street Cat Named Bob” – di James Bowen. Sì, sapevo che esisteva Bob, gatto famoso in tutto il mondo; e quando uscì il film ispirato alla sua storia avevo notato una certa somiglianza con il mio pel di carota, Salvo. Ma non avevo mai comprato il libro perché pensavo non mi sarebbe piaciuto, immaginando una mera operazione commerciale. Invece mi ha emozionato, commosso, coinvolto profondamente. Leggendo questa bellissima storia, pagina dopo pagina ho visto il racconto come se stessero proiettando il film, quello della mia fantasia. E mi succede soltanto con i libri che mi conquistano.
Da quella sera di marzo del 2007 quando James vede un gatto rosso infreddolito e affamato nel palazzo in cui c’è il suo appartamento, fino alla creazione della loro coppia affiatata per le strade di Londra che stimola l’attenzione di giornali e agenti letterari. Due anni di grandi cambiamenti per Bob che trova una persona che lo ama e da amare, e per James che trova di nuovo un obiettivo nella vita, senso di responsabilità, desiderio e forza di migliorare la propria esistenza, felicità. James esce dal tunnel della droga, consolida una residenza, si dedica a un lavoro regolare per guadagnare quelle sterline necessarie al loro sostentamento, alla loro stabilità; si riavvicina alla propria famiglia.
In questo lungo periodo di affetti negati, amicizie a distanza, abbracci e baci virtuali, una testimonianza d’amore che mi ha riempito di tenerezza e gioia. Una storia sul potere salvifico dell’amore. Negli anni della strada, prima come musicista e poi come venditore della rivista “Big Issue”, tante persone si sono mostrate gentili con Bob e James. Quei gesti di bontà che scaldano il cuore. Quanti però sono stati cattivi e ingiusti. Sono sempre le due facce della vita. Ma questa è una storia dove vince l’amore. Mentre a Londra si sta organizzando la costruzione di una statua che raffiguri Bob, che è morto nel giugno del 2020 a 14 anni, penso a come starà James. Il loro rapporto è stato e rimarrà davvero unico. Senza voler fare paragoni, penso però di poter capire cosa significa perdere qualcuno che si è tanto amato.
Salvo
Il mio rossino, anzi color cipria, Salvo se n’è andato alla fine di dicembre del 2019. Abbiamo vissuto insieme dieci anni. Speravo ne avremmo potuti passare molti di più a farci compagnia. Mi mancano le serate sul divano, i giochi classici per gatti e quelli che ci inventavamo, le risate e le scene buffe che solo i gatti sanno creare, le fusa e quelle dormite raggomitolati vicini, appiccicati. Un rapporto esclusivo che mi ha ricordato quello tra James e Bob. Non so se Salvo mi avrebbe seguito su autobus e per le strade della città ma so che capiva ogni mio stato d’animo. È passato un anno, e a chiunque mi propini un gatto dico: No, grazie.
Leggo “A spasso con Bob” davanti a Cipollino
Ma a marzo del 2020, in pieno lockdown – il primo – un gatto rosso è arrivato da me. Forse abbandonato da una persona in difficoltà, nessuno lo aveva mai visto prima. Dimostrava pochi mesi, molto magro, qualche ferita, un bel pelo folto rosso con il petto bianco e dolcissimi occhi verdi. Dopo la paura e ritrosia iniziali siamo diventati buoni amici; gli piace quando gli parlo come si fa con in bambini e canticchio. L’ho chiamato Cipollino.
Sono contenta che James abbia scritto questo libro perché c’è bisogno di testimonianze d’amore. Adesso leggerò gli altri due suoi libri: “Il mondo secondo Bob” e “Un dono speciale di nome Bob”, tutti bestseller internazionali che in Italia sono pubblicati da Sperling & Kupfer. Spero che James stia bene, perché nonostante il dolore e la mancanza, quell’amore rimarrà sempre nel suo cuore.